Sotterranei Sonori
Blog settimanale di informazione musicale

ELVIS COSTELLO - "National Ransom"

19:58
Elvis Costello e' sempre stato un autentico outsider. Sin dall'esordio nel lontano 1977 con l'ormai classico "My Aim is True", le sue influenze musicali sono sempre state cosi vaste da rendere difficile assimilarlo a generi e mode che a mano a mano sparivano dal panorama. Negli ultimi anni pero', soprattutto a partire dagli anni '90, questo suo eclettismo sembrava essersi trasformato in un difetto, ed i suoi lavori spaziavano dalla musica classica, al puro Tin Pan Alley, lasciando rare tracce dietro di se (con l'eccezione dello splendido lavoro con Burt Bucharach "Painted from Memory"). "National Ransom" sembra essere il disco che finalmente rompe l'incantesimo e ci riconsegna un Costello in piena forma. Registrato insieme a T-Bone Burnett in quel di Nashville, il disco ripercorre musicalmente tutte le forme della musica popolare americana, quelle che fuse insieme hanno prodotto infinite variazione sul tema del rock. E' un disco che varia in intensita', ritmo e stile risultando quasi in un antologia  di prestigio ben scritta, e ben strutturata. Non siamo certo di fronte ad un disco che rivoluziona il concetto di musica, ma certamente ci sono tutti gli elementi che ci ricordano il perche' Costello e' considerato uno dei grandi artisti degli ultimoi 30 anni. Sembra quasi che ci sia una sorta di revival portato avanti da artisti importanti del passato che mai come in quest'anno hanno prodotto dischi di spessore notevole. "National Ransom" si candida ad essere uno dei migliori insieme a quello di Robert Plant e di John Mellencamp.
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SUFJAN STEVENS - "The Age of Adz"

14:48
Quando nel 2005 ho ascoltato per la prima volta Sufjan Stevens, mi sono subito innamorato del suo universo sonoro. L'idea di pubblicare tanti album quanti sono gli stati degli Stati Uniti (50 per l'esattezza),  era inoltre un idea affascinante per quanto irrealizzabile. Ma "Illinoise" e' stato un tale successo (almeno da parte della critica)  che ha portato con se un inaspettata stanchezza e probabilmente una voglia di uscire da un ruolo che cominciava a stare stretto a Stevens. Ci sono quindi voluti ben cinque anni per dare seguito a quel capolavoro (che consiglio a tutti di ascoltare), inframmezzati da progetti diversi come la suite dedicata alla BQE (Brooklyn Queens Expressway) o il cofanetto di canzoni natalizie. Se si aggiunge a tutto questo una delicata questione di salute che lo ha tenuto fermo per qualche tempo, e' facile immaginare come "The Age of Adz" sia un animale diverso dal precedente. Le architetture sonore di Stevens sono tutte presente, ma l'atmosfera propende molto di piu' verso l'elettronica che non il banjo. A parte l'iniziale "Futile Devices" in cui c'e' una connessione diretta con i suoi precedenti lavori, il resto dell disco si muove tra atmosfere alla Radiohead stile Kid A o Bjork, ma senza copiarne l'impianto. Infatti sebbene il disco risulti a volte frammentario, c'e' comunque un unita' stilistica data dalla sua voce e dalle melodie che restano comunque molto piu' accessibili. La bellissima "I Walk" ha un fortissimo impatto emotivo, mentre la title track puo' essere benissimo la colonna sonora di un film apocalittico. Il disco si chiude con "Impossible Soul" che data la sua durata (oltre 25 minuti) puo' essere un disco a se'. C'e' voluto piu' tempo per entrare nel mondo di Adz, ma il sacrificio e ' ricompensato dalla scoperta che Sufjan Stevens e' uno di quegli artisti che richiede agli ascoltatori di capire piu' che essere capiti e quando le emozioni entrano finalmente in contatto con la musica, allora il piacere e' assicurato.
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