Sotterranei Sonori
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I MIGLIORI ALBUM DELLA NOSTRA VITA

Quando nel Marzo del 1967 viene dato alle stampe l'album d'esordio dei Velvet Underground, musicalmente parlando l'attenzione è rivolta da tutt'altra parte. Questo è infatti l'anno in cui esplode la psichedelia e San Francisco diviene il centro della "controcultura". In Gennaio ha luogo il "Human Be-In", in cui tantissimi giovani manifestano apertamente la loro disubbidienza contro la legge Californiana (entrata in vigore nell'ottobre del 1966) che rendeva illegale l'uso dell'LSD e che sarà una prova generale per l'evento più importante della "Summer of Love", cioè il Monterey Pop Festival, che renderà evidente quanto quello che stava succedendo, non era un fenomeno locale. Le parole d'ordine sono la pace, l'amore libero, le droghe come esperienza che espande la coscienza, il misticismo indiano. Il tutto è suggellato dall'uscita di "Sgt Peppers" dei Beatles che all'epoca è considerato l'apice massimo mai raggiunto da un gruppo musicale. Quarant'anni dopo, l'album più influente di quella stagione è considerato "The Velvet Underground & Nico": come mai? Probabilmente perchè, con quella stagione, l'album d'esordio dei Velvet non ha assolutamente niente da spartire. Lou Reed, John Cale, Sterling Morrison e Maureen Tucker non solo sono diversi, ma hanno una naturale avversione per tutto quello che concerne il movimento hippie e quando si recheranno in California per suonare nell'ambito dello spettacolo multimediale ideato da Andy Warhol "Exploding Plastic Inevitable", la repulsione sarà reciproca.
L'incontro tra Lou Reed e John Cale e poi quello con Andy Wharol è ampiamente documentato e la loro vicenda, così intrisa di creatività e scontri di personalità, ha dato ai Velvet quella patente di autenticità che manca a molti gruppi. Wharol mette a disposizione non solo le risorse finanziarie, ma anche tutto un mondo di plastica, vero e finto allo stesso tempo, fatto di personaggi autentici e di autentici scalatori sociali in cerca dei loro quindici minuti di notorietà. La Factory è il regno dell'effimero elevato ad arte, ed in quel microcosmo da ghetto intellettuale, Lou Reed troverà tutto il materiale che cerca senza muoversi molto. Qui non ci sono i colori psichedelici, ma il nero scelto anche stilisticamente nell'abbilgiamento. Non c'è l'amore libero ma l'amore ossessivo e deviato come quello del sadomasochismo. Non c'è l'LSD che espande la coscienza e che fa prendere consapevolezza, ma l'eroina che annichilisce. E infine non c'è un senso di appartenenza ad un destino comune proiettato verso un futuro migliore, ma la sensazione di una catastrofe individuale che non lascia nessuna speranza e si limita a documentare l'ineluttabile condizione di corrutibilità dell animo umano.
Questa umanità messa a disposizione da Wharol e raccontata in maniera così diretta da Lou Reed, diventano esplosive passando sotto il segno delle idee musicali di John Cale. E' un musicista nel vero senso della parola con una formazione classica ed un'esperienza maturata anche nel gruppo di musica contemporenea di LaMonte Young. Ma Cale non è una mente accademica, e quello lo affascina di Lou Reed (oltre all'amore per la stessa droga) è il fatto che un autore di canzoni rock senza nessuna formazione musicale era naturalmente ed inconsapevolmente capace di comporre con uno stile che Cale perseguiva dopo anni di studio.
Questo incontro raggiunge l'apice con "Heroin" che, descrivendo in prima persona l'effetto della droga con un testo assolutamente realistico da parte di Reed, musicalmente si muove su minime variazioni di accordi giocando sulla dinamica del pezzo, che aumenta e diminuisce, si riempie di suoni e poi diventa scarna, rendendo perfettamente la sensazione delle parole, ma dando anche un ulteriore e subdolo commento dell'esperienza dell'eroina.
Anche quando il disco gioca sui toni  pacati della ballata romantica (vedi "I'll be Your Mirror", "Sunday Morning" o "Femme Fatale"), non c'è mai quel senso di pace o di rilassatezza. Due di queste ( insieme a "All Tomorrow Parties") sono cantate da Nico, la modella tedesca voluta da Warhol nella formazione. Questa idea provocò non poche tensioni all'interno del gruppo. Affiancare la crudezza dei testi e della musica dei Velvet all'immagine della bellezza eterea della biondissima Nico, era un'altra delle idee estetiche di Wharol.
L'importanza di Wharol per i Velvet, ha avuto un duplice impatto: se da un lato ha permesso al gruppo di esprimersi liberamente e compiutamente senza censure, dall'altra, la loro affiliazione con la Factory, li ha fatti percepire da molti come un progetto musicale di Wharol. Quando la gente andava al Plastic Exploding Inevitable, partecipava ad un evento multimediale di Andy Warhol piuttosto che ad un concerto dei Velvet Undergound.
Se tutti questi elementi messi insieme parteciparono alla scarsa ricezione del disco (che inoltre, proprio per i temi trattati, non aveva nessun passaggio radiofonico), ne hanno allo stesso tempo alimentato il mito e l'influenza. Il fatto che il disco sia il frutto di tante tensioni, dimostra come in realtà l'arte che nasce dallo scontro, è capace di esprimere una bellezza atemporale. Ancora oggi, l'esordio dei Velvet suona ricco di contraddizioni e bellissimo. E' un disco in cui convivono gli estremi, la bellezza e la bruttezza, l'alto ed il basso, l'arte come concetto razionale e furia primitiva.  Non c'è sintesi, ma convivenza di opposti, e proprio per questa sua natura amorale, per questo suo riconoscere il lato oscuro dell'anima e celebrarlo con la stessa importanza del lato luminoso che "The Velvet Underground & Nico" ha superato, col tempo, qualsiasi altro documento musicale dell'epoca.
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