Sotterranei Sonori
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CROSSOVER

Una delle frasi storiche della storia del rock è quella pronunciata da Sam Phillips in quel di Memphis : "Se potessi trovare un bianco con il sound ed il feeling dei negri farei un miliardo di dollari".
Questa frase leggendaria, al di là della sua autenticità, può essere applicata a più riprese attraverso tutta la storia della musica rock da Elvis Presley fino ad Amy Winehouse. Ma questo vuol dire anche che quasi sempre c'è voluto il filtro di un artista bianco per far conoscere al grande pubblico quel sound e quel feeling, rubandosene il merito. Quasi sempre, appunto. Esistono infatti delle notevoli eccezioni di artisti afro-americani che, rivolgendo consapevolmente la loro attenzione anche ad un pubblico bianco sono diventati immuni da qualsiasi espropiazione indebita del loro merito e del loro talento. E' possibile quindi tracciare una linea di continuità che va da Chuck Berry passando per Jimi Hendrix, Sly Stone e Prince fino ad arrivare a Ben Harper. Questi artisti non sono mai stati percepiti come "neri" ma non hanno mai cercato di compiacere il pubblico bianco eliminando quelle caratteristiche sovversive nella loro musica.
Chuck Berry è stato il cantore della modernità celebrando l'esuberanza giovanile fatta di automobili, scuola, sesso e divertimento ma anche fornendo il prototipo del riff di chitarra per eccellenza. E' proprio con lui che la chitarra diventa il principe degli strumenti. Ma Chuck Berry è anche il primo "poeta" del rock capace di rappresentare tutti i sogni e le aspirazioni di una intera generazione. Johnny è il primo di una lunga serie di eroi che sogna di vedere il suo nome brillare su di un cartellone e la Sweet Little Sixteen può essere a suo modo considerata la prima groupie. Ma l'epoca in cui Chuck Berry opera questa orgogliosa rivendicazione è ancora un epoca in cui la tensione razziale è alle stelle. Nel 1962 viene infatti condannato al carcere per l'accusa di aver trasportato illegalmente una minorenne dal Messico per scopi immorali (prostituzione) nel 1959. Il rock'n roll sembrava passato di moda, e l'America perbenista e puritana sfornava idoli giovanili rassicuranti, belli e sopratutto bianchi.
Ma l'ondata dei gruppi inglesi che dalla metà degli anni '60 invase letteralmente le classifiche americane riportò di nuovo alto lo scompiglio. Gruppi come i Rolling Stones e gli Animals e gli stessi Beatles prendevano ispirazione addirittura dai bluesman oltre che da Berry. E mentre questa invasione sembrava senza fine, l'erede diretto di quella tradizione invertì la tendenza "invadendo" il Regno Unito. Prima di lui, gli eroi della chitarra elettrica si chiamavano Eric Clapton e Jeff Beck: Hendrix sembrò spazzarli via nel giro di una notte dal quel trono. Formatosi suonando con la band di Little Richard e poi con quella degli Isley Brothers, Hendrix era troppo ambizioso e geniale per restare nelle seconde linee. E' presumibile pensare che se anche non fosse andato a Londra sarebbe comunque diventato famoso ma la sua clamorosa ascesa nel Regno Unito ed il suo trionfale ritorno in patria diede a tutti l'impressione che più che dagli USA Hendrix venisse da Marte. Le sue trovate sceniche (suonare la chitarra coi denti o dietro la schiena o addirittura incendiarla) non erano certo nuove ma il suono che usciva da quella chitarra non si era mai sentito prima e, a differenza dei bluesmen che lo avevano preceduto, impossibile da imitare. Le sue innovazioni e sperimentazioni tinsero di nero anche quella che sembrava una musica nata in un contesto tutto bianco: la psichedelia e tutta la scena di San Francisco. Probabilmente la sua ascesa ha contribuito a mettere in ombra un'altra importante figura che invece proprio da San Francisco veniva fuori sul finire degli anni '60 (ma oggi pienamente riconosciuta come tale). Il valore di Sly Stone ( e della sua Family Stone) non è certo inferiore a quella di Jimi Hendrix. Il suo primo abum intitolato "A Whole New Thing" (Una cosa completamente nuova) già la dice lunga sulle sue intenzioni e direzioni musicali. Sebbene fossero contemporanei (entrambi i loro primi album sono datati 1967) Sly mantenne più saldamente ancorate le radici della sua musica alla tradizione afroamericana ma miscelandola con rock a psichedelia, e soprattutto presentando un gruppo formato da bianchi e neri, uomini e donne era l'immagine dell'avverarsi del sogno promesso della love generation. L'integrazione brillava nella musica oltre che nell'immagine del gruppo attraverso la contagiosa gioia di pezzi come "Dance to the music", "Everyday People" e "I Want to Take You Higher". Ma con Sly & The Family Stone si fa largo anche un commentario sociale e politico prima di allora abbastanza sconosciuto tra i cantanti di colore. E questo commentario diventa sempre più cinico e disilluso man mano che appare evidente come le promesse degli anni 60, del movimento dei diritti civili, della pace si infrangono una dopo l'altra. Nonostante album come "Innervision" di Stevie Wonder o "What's Going On" di Marvin Gaye siano maggiormente conosciuti per i loro affreschi sulla condizione di vita degli afroamericani degli anni '70, "There's a Riot Going On" di Sly & The Family Stone ne restituisce l'atmosfera anche attraverso le sue cupe e affascinanti atmosfere musicali influenzando maggiormente le generazioni future. Certamente i suoi echi (insieme a quelli di Jimi Hendrix) si ritrovano tutti in Prince. In un decennio che ha visto l'emergere dell fenomeno Hip Hop da un lato e la popolarità stellare di Michael Jackson dall'altra Il folletto di Minneapolis è riuscito a ritagliarsi un posto unico e al di sopra degli altri. La sua capacità di fondere funk, soul, rock e folk lo rendono uno dei più singolari talenti della storia del rock. Prince ha reso nera la new wave con il suo "Dirty Mind" ed i suoi innesti stilistici sopra il solido sound "nero" hanno creato capolavori come "Purple Rain" e "Sign 'O The times". I suoi concerti, negli anni '80, erano il massimo a cui si poteva assistere portando avanti contemporaneamente l'idea di Sly Stone di un gruppo di musicisti uomini e donne, bianchi e neri e raffinando sempre di più le sua bravura di musicista capace di sonare ogni cosa che possa emettere un suono. Con Prince scompare anche l'idea del cantante in qualche modo influenzato dalle droghe. La sua droga appare essere il sesso che diventa talmente esplicito da diventare una delle cause dell'applicazione del bollino "Parental Advisory" sulle copertine degli album. Quando negli anni novanta la sua stella comincia a tramontare sembrava che nessuno fosse in grado di prenderne il posto. Le influenze dell'hip hop (con le quali lo stesso Prince sarà costretto a fare i conti) si erano allargate fino a renderla una musica "accettabile" per quasi tutti. Ma sul finire del decennio Ben Harper tiene alta la bandiera sollevata 40 anni prima da Chuck Berry. Seppure in maniera meno appariscente dei suoi predecessori, in lui continuano a convivere tutte le caratteristiche dell'inclassificabile artista di colore. Nella sua musica si sente il funk ma anche il folk, il rock ed il gospel con una punta di psichedelia. Ma a Ben Harper sta a cuore anche il commentario politico e sociale come dimostra soprattutto "Fight for Your Mind" quasi a testimoniare che nonostante si sia fatta molta strada, molta altra ce nè ancora da fare. A differenza dei suoi predecessori però, Ben Harper non sembra suscitare grandi entusiasmi da parte della critica. Forse la ragione risiede nel fatto che la sua musica appare poco moderna, scarna di elettronica e computer, addirittura conservatrice. La sua sembra quasi una caparbia ostinazione contro il tempo, contro i tempi che stiamo vivendo in cui sembra non esserci più spazio per artisti di questa fattura.
Questo può voler dire che le barriere razziali si sono completamente abbattute per fondersi in un unica razza di consumatori, che l'uguaglianza tanto cercata si è avverata su di un piano al ribasso di tutto, che siamo entrati in una fase nella quale la musica è diventata solo un sottofondo, una parte piccola della vita dei giovani, forse neanche così tanto attraente. Ma è anche vero che il rock ci ha sempre riservato sorprese ed ha sempre dato il meglio di sè nei momenti di crisi in cui sembrava essersi esaurito.

Forse la dinamica bianco/nero non ha più ragione di esistere avendo abbattuto l'ultimo tabù di eleggere il primo presidente USA di discendenza afroamericana. Se così fosse, allora questi artisti dovrebbero essere citati nei libri di storia ma se così non fosse allora avanti il prossimo!





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