Sotterranei Sonori
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PETER GABRIEL - "Scratch my Back"


Quando ho letto che sarebbe presto uscito un nuovo album di Peter Gabriel mi ha subito colto l'eccitazione dell'attesa; quando ho letto però che si trattava di un album di covers mi ha preso un grosso spavento.
Peter Gabriel ci ha sempre abituato ad attese lunghe tra un album di canzoni e l'altro (6 anni tra "So" ed "Us" e addirittura 10 tra "Us" ed "Up"). Queste attese venivano diluite da lavori come colonne sonore ed album strumentali che ci davano un' idea della direzione verso la quale si stava dirigendo. Questi album hanno sempre rappresentato la sua parte intellettuale e razionale mentre negli album di canzoni, soprattutto grazie alle sue liriche, questa razionailtà si piegava al sentimento ed alle emozioni.
"Scratch my Back" è il tentativo di far convivere questi due aspetti allo stesso tempo e con la stessa importanza. L'utilizzo delle covers per Peter Gabriel è un tentativo di dialogo e di confronto con chi ha scritto quelle canzoni. Per questo "Scratch my Back" prevede un secondo capitolo nel quale gli artisti omaggiati da Gabriel renderanno il favore incidendo sue canzoni. Nello scegliere le canzoni, Gabriel offre anche un'idea di continuità e contiguità con il suo mondo sonoro. Le dodici canzoni che compongono l'album sono equamente distribuite tra suoi contemporanei (David Bowie, Lou Reed, Paul Simon, Randy Newman, Neil Young e Talking Heads) ed artisti più giovani (Radiohead, Elbow, Arcade Fire, Bon Iver, Regina Spektor e Magnetic Fields). A ben vedere tutti quanti questi artisti hanno in comune l'idea di far convivere razionalità e sentimento e proprio per questo hanno costruito un percoso estremamente originale che li rende assai diversi uno dall'altro.
Per rendere il tutto omogeneo, Gabriel si impone una regola: eliminare l'elemento ritmico di basso e batteria. Questa autoimposizione (assai rischiosa) diventa la chiave di lettura per entrare nelle canzoni da un altro angolo; il limite diventa lo stimolo per inventare nuove e originali soluzioni. L'idea quindi di affidarsi agli arrangiamenti orchestrali è perfettamente logica. Questo non solo rende tutto il progetto omogeneo, ma fa brillare le canzoni di una luce diversa in cui viene messo in evidenza la potenza del testo e della melodia.
Risulta quindi del tutto inutile giudicare questo lavoro paragonando le versioni originali con quelle di Gabriel perchè non si tratta di un omaggio ma di una interpretazione vera e propria del materiale altrui per esprimere il proprio punto di vista, ed il punto di vista di Peter Gabriel, comunque la pensiate, resta sempre originale ed affascinante.
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